Caleidoscopio come simbolo

La psicoterapia viene concepita come possibilità di osservazione, conoscenza e trasformazione delle “immagini interne” dell’affascinante caleidoscopio della nostra interiorità.

 

Il caleidoscopio rimanda all’infanzia, ad un atteggiamento di stupore e di meraviglia nel «guardare dentro» le cose ed è uno strumento che conserva il fascino ed il mistero di un meccanismo simile a ciò che avviene nel mondo interiore dell’essere umano.

 

“Dentro al caleidoscopio si vedono tanti colori e forme bizzarre. Se lo giri si muovono e cambiano. La vita a volte è meno colorata, qui dentro invece c’è un luogo colorato per essere felici” – Samuele 8 anni

 

Restare per un po’ ad osservare ciò che avviene all’interno del nostro “caleidoscopio interno”, dando il tempo alle immagini di scomporsi e ricomporsi in nuove forme, accogliendo l’incertezza, la paura del cambiamento, fino a poter riconoscerne la bellezza della nuova configurazione.

 

Il caleidoscopio rimanda anche ad immagini/configurazioni in movimento: il lavoro con le immagini interiori, che eventualmente affiorano nel corso del trattamento terapeutico sotto forma di sogni, disegni, rappresentazioni posso “dar voce” a ciò che ancora è inesprimibile con le parole e posso aiutare a “mettere in parola” contenuti che non riuscirebbero ad affiorare alla coscienza in altro modo.

 

Il caleidoscopio è un giocattolo nato con finalità scientifiche. Fu inventato “per gioco” dallo scienziato scozzese, Sir David Brewster (1781-1868), un bambino prodigio, che costruì da solo il telescopio all’età di 10 anni ed entrò all’Università di Edimburgo all’età di 12 anni.

 

Il caleidoscopio rappresenta, dunque, un gioco “scientifico”: un’immagine simbolica coerente con i presupposti teorici e metodologici dell’associazione che utilizza il gioco come strumento elettivo nella psicoterapia con i bambini.

 

Infine, caleidoscopio come reticolo di forme che si muovono insieme e si riorganizzano in nuove configurazioni. Un’efficace metafora dell’importanza accordata dall’associazione al lavoro di rete e alla creazione di un’équipe interdisciplinare, che vede coinvolti diversi professionisti (analista infantile, terapeuta sistemico-familiare, assistente sociale, neuropsichiatra, psicologo della struttura pubblica, educatore) in uno stimolante ed arricchente scambio e interconnessione di prospettive dal cui confronto possono emergere nuove visioni.